Benozzo Gozzoli, Le triomphe de saint Thomas d'Aquin, 1471

mercredi 23 novembre 2011

I Tomisti del Novecento di fronte a Heidegger

             Segnaliamo ai nostri lettori la pubblicazione di un nostro studio, intitolato Il confronto con Heidegger nel tomismo contemporaneo, che può essere liberamente scaricato[1].


            Questo studio intende analizzare il modo in cui la metafisica tomista contemporanea si è confrontata con il Denken di Heidegger. Per dare un taglio preciso e sistematico all’investigazione, abbiamo operato una doppia concentrazione metodologica. In primo luogo, abbiamo scelto tre tomisti che si sono tutti e tre dedicati intensamente al confronto con Heidegger, ma che provengono da tre spazi culturali diversi, e che soprattutto illustrano tre posizioni teoretiche profondamente diverse nel quadro del pensiero tomistico: il Domenicano francese Maurice Corvez, il Gesuita tedesco Johann Baptist Lotz, e lo Stimmatino italiano Cornelio Fabro. In secondo luogo, abbiamo impostato il paragone fra la metafisica tomista dello esse e la meditazione heideggeriana del Sein attorno a due coordinate, che sono prima il rapporto fra l’esserci e l’essere, poi quello fra l’essere e l’essente, il cui analogon tomistico è il rapporto fra l’ente primo conosciuto e l’essere delle cose, poi quello fra lo esse e l’ente nella cosa stessa.

Nel suo esito, la nostra ricerca evidenzia tre configurazioni dell’ente tomistico opposte fra di loro, e quindi tre valutazioni assai diverse del pensiero heideggeriano. Per il Corvez, ed attraverso di lui per il tomismo di tradizione domenicana, l’ente reale è l’effettuazione di un atto formale da parte di un atto esistenziale, questo essendo strettamente proporzionato a quello; perciò la composizione di essenza e di esse non implica alcuna differenza ontologica fra l’ente e l’essere per cui esso è. Ne risulta una valutazione essenzialmente negativa della riflessione di Heidegger. Nella prospettiva del cosidetto «tomismo trascendentale», invece, si concepisce l’ente finito come la limitazione reale di un esse che la coscienza anticipa come totalità ideale dei possibili, di tal guisa che la differenza ontologica viene colta come il nucleo costitutivo sia della realtà che del pensiero. Perciò, il Lotz valuta l’opera heideggeriana assai positivamente, contestandole però la mancata fondazione ultima dell’essere nello Ipsum Esse Subsistens. Secondo il Fabro, finalmente, l’ente va afferato come il plesso sintetico che unisce un’essenza specificante ed un atto di essere intensivo, sottolineando l’«emergenza» di quest’ultimo sopra il contenuto della cosa da una parte, e sopra l’atto che pensa l’ente d’altra parte. Pertanto, si concede che l’elaborazione heideggeriana della differenza ontologica è un potente stimolo del problema metafisico, ma si nega ch’essa possa valere come soluzione del medesimo.

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